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Area C. Come Ciclabile

Milano si sta confrontando da ieri (non senza polemiche e difficoltà) con l’introduzione dell’Area C, il primo tentativo di congestion charge di questa portata in Italia.

Boicottate le auto, per i cittadini (per le imprese si aprono altre problematiche) si parla ovviamente  di rafforzamento dei mezzi di trasporto pubblico. Ma, forse sarebbe il caso anche di pensare a rafforzare anche alcuni mezzi di trasporto privato. È il caso della bicipolitana, un sistema integrato di piste ciclabili collegate tra loro in modo da formare una rete di linee, con colori e numeri proprio come una metropolitana di superficie ma in cui le rotaie sono i percorsi e le carrozze sono le biciclette.

Bhe -viene da pensare- l’avranno fatto in qualche evoluto Paese nordico, ad Amsterdam o a Berlino. E invece no, questa volta patria dell’innovativo e interessante progetto è l’italianissimaPesaro, dove la bicipolitana ha già un’estensione di 65 km e permette di muoversi agevolmente dalla periferia della città fino al mare grazie a una segnaletica chiara fatta, come per la metropolitana, di linee colorate e di numeri che consentono anche a chi non conosce la città di muoversi in autonomia sulle 2 ruote e di raggiungere i luoghi di proprio interesse.

La realizzazione del progetto è stata possibile anche perchè la città, come Milano del resto, è pianeggiante. E i pesaresi sembrano apprezzare la nuova rete ciclabile, preferendo sempre più spesso l’uso della bicicletta a quella dell’auto. Forse anche perché ogni pista ciclabile è rialzata, con sede propria e protetta da una serie di cordoli: niente spazi in condivisione con le automobili e andare in bici non diventa uno sport estremo (come in tanti punti di Milano, purtroppo). Vantaggi, insomma, sia per i cittadini, che ci guadagnano in salute e anche in termini economici -non dovendo sborsare un euro per spostarsi- sia per la città, che respira aria più pulita e vede ridursi anche l’inquinamento acustico legato al traffico.

Area C come Ciclabile?

Questo ed altri temi legati alla mobilità urbana saranno discussi in occasione della Mobility Conference 2012 che si terrà a Milano il 6 e 7 febbraio prossimi.

+20% al verde

+ 20% non è la percentuale degli italiani che si sono “impoveriti” negli ultimi anni, ma è l’aumento della densità di verde urbano a Milano tra il 2000 e il 2009 (dati Istat). L’indicatore si riferisce al patrimonio di aree verdi nel territorio comunale gestito da enti pubblici, escludendo quindi i giardini privati che si possono ammirare in alcune terrazze e vie esclusive. L’importanza di questo dato risiede nella sua capacità di rispecchiare la qualità della vita di una città, come ricordato anche in quell’ambiziosa Agenda 21 che l’Italia ha firmato a Rio nel 1992 e sancito poi dagli Aalborg Commitments sulle città europee sostenibili (che Milano pare non abbia ancora sottoscritto).
I dati indicano che gli anni di crescita maggiori sono stati il 2001, +5% e il 2006, +4% (e non chiedetevi se c’entra qualcosa il fatto che siano anche gli anni delle elezioni comunali), ma purtroppo non sono bastati a fare di Milano una città confrontabile con gli standard europei.

C’è chi sta peggio. Quasi tutte le “peggiori” nella classifica dei dati Istat, come Taranto e Olbia, hanno un comune denominatore: si affacciano sul mare.

E c’è chi sta meglio. Per esempio Brescia. E forse stupirà, perché non è lontana da noi e perché nell’immaginario c’è più che altro la “fabbrichetta”, ma è una buona dimostrazione che volere è potere. In quasi quindici anni ha fatto importanti investimenti, e ad oggi – grazie anche al suo Parco delle Colline – è l’ottava provincia italiana per densità di verde urbano (29,07%).

PM10 per 109

E’ la formula che mette a rischio lo shopping natalizio dei milanesi. Dati Arpa alla mano, a Milano il limite giornaliero di PM10 è stato sforato per 109 giorni nei primi undici mesi dell’anno, e la giunta comunale risponde – tra le varie iniziative – anche con il blocco della circolazione.
Il limite di PM10 nell’aria, fissato da una direttiva UE a una media giornaliera di massimo 50 µg/m³, si prevede possa essere superato per 35 giorni l’anno. Un bonus che a Milano abbiamo esaurito già l’8 febbraio scorso.

C’è chi sta peggio. Torino è la prima città italiana per numero di giorni di sforamento (118 giorni al 17 novembre scorso, dati Legambiente). È un caso che sia anche la prima città italiana per produzione di automobili?

E c’è chi sta meglio. Non tanto lontano da noi, Zurigo ha ridotto il PM10 di quasi l’85% dal 2005 al 2009 debellando le ultime – e più difficili – particelle, e arrivando a una media di 12 µg/m³. Come? A una città relativamente più semplice e ventilata di Milano è bastata una sola chiave: trasporti pubblici.

AAA tetto cercasi

Il modello a cui ispirarsi l’ha fornito Jeremy Rifkin ed è quello della “terza rivoluzione industriale fatta di reti intelligenti”. L’idea invece viene dal Belgio e ha raggiunto l’Italia: il fotovoltaico in comodato d’uso affittando il tetto di casa propria, che oggi si vuole estendere dalla clientela business a quella delle superfici domestiche.

 L’articolo di Anna Tagliacarne su Corriere.it spiega come e perché cavalcare questa piccola buona opportunità.Per una città eco-positiva, Milano potrebbe accogliere la sfida.

Inquinamento, istruzioni per l’uso

Rispetto a qualche decennio fa, parlare di ambiente, oggi, è diventato più facile e, al tempo stesso, paradossalmente più complesso. Più facile per una crescente sensibilità individuale e una maggiore reattività collettiva – nelle istituzioni e nelle imprese –  sui temi dello sviluppo sostenibile. Più complesso perché ci si è accorti che le politiche per l’ambiente richiedono interventi incrociati e integrati tra tanti diversi settori.

A Milano, in tema ambientale, il dibattito gira perlopiù intorno ad un grande punto (interrogativo, a volte): il contenimento dell’inquinamento atmosferico, un problema che è molto sentito nell’opinione pubblica come hanno dimostrato anche i recenti referendum cittadini dello scorso maggio. Eppure, strano ma vero, la qualità dell’aria è certamente migliore rispetto a quella di cinquanta anni fa, quando il riscaldamento civile era basato sul carbone e nel territorio milanese erano presenti impianti di industria pesante nei settori della siderurgia, della chimica e della metallurgia. Il tema è oggi però ben presente nell’opinione pubblica e sul piano istituzionale perché il moderno sviluppo economico e il maggiore benessere sociale hanno (fortunatamente) posto l’attenzione su problemi ambientali una volta ritenuti marginali.

Se il “cosa” è dunque chiaro, venire a capo del “come” non è affatto facile. Che cosa significa infatti mettere in campo  un’ambiziosa strategia politica per l’ambiente? Solo alcune idee:

–      ricercare un approccio multi-obiettivo, che coniughi – per esempio – il rispetto dell’ambiente naturale, la tutela del patrimonio artistico-culturale e l’impegno per contenere l’emissione di gas serra che provocano l’alterazione del clima.

–      Collocare gli interventi in una scala temporale realistica definendo criteri e scadenze per la verifica di risultati, allo scopo di evitare lo “short-termismo” tipico di una politica che non sa guardare lontano.    

–       Lavorare su tutti i piani istituzionali in maniera integrata: collaborazione tra i diversi livelli di governo locale; armonizzazione delle politiche locali con le politiche comunitarie; concependo gli interventi secondo una logica sovra-comunale – se non sovra-regionale – poiché la dimensione locale non è adeguata  alla risoluzione di alcuni problemi ambientali importanti.

Perché in fondo quello del territorio e della qualità della vita -in una parola “l’ambiente”- è il tema più locale di tutti…ma è anche quello più sbagliato da affrontare in maniera localistica.

Green revolution

Una città “verde” non è semplicemente un agglomerato urbano pieno di parchi, piste ciclabili, aria pulita e bambini felici. Una città verde è piuttosto quella dove si respira una costante tensione all’innovazione ambientale, che significa poi integrare la vita urbana (e le sue esigenze produttive, commerciali, logistiche) con il rispetto e la valorizzazione della qualità della vita e della salute (dei cittadini e del territorio).

Prendiamo New York, che sta realizzando una vera e propria green revolution. Dopo aver bandito le auto da ampie aree di Broadway, l’amministrazione sta portando avanti un progetto per trasformare in isola pedonale vaste aree urbane, tra i quali la 34a strada, sede del famoso magazzino Macy’s, creando un immenso corridoio eco-friendly – collegato a piste ciclabili – tra Herald Square e l’Empire State Building. Fioriscono, in questo contesto, iniziative e attività eco-positive. Questo si è prodotto per rispondere all’esigenza di migliore vivibilità dei cittadini e grazie ad una forte cooperazione tra politica e business. Il mondo imprenditoriale, intuendo l’orientamento dei consumatori, ha infatti assecondato tale processo vedendoci opportunità di profitto.

Nella Milano che fatica nella lotta contro l’inquinamento, l’investimento nella green economy rappresenta un’occasione da cogliere. Tale investimento può trovare diverse declinazioni: nel  biotech (che vede nel territorio milanese nuclei di eccellenza), nelle energie rinnovabili, nella mobilità sostenibile di persone e merci, nella eco-edilizia, nella promozione dell’agricoltura urbana per un nuovo equilibrio tra città, sfera rurale e sfera naturale.

Milano ha le capacità, la creatività, le competenze, le risorse imprenditoriali e intellettuali per vincere questa scommessa, svolgendo il ruolo di vero eco-cluster. Potrà effettivamente farlo solo se saprà comprenderne la portata innovativa e intuire le opportunità – anche economiche – ad essa sottese.